Il Salento, terra ricca di storia, di cultura e di antichi riti religiosi, oltre che di un mare stupendo, può ammaliarti non solo per la bellezza dei luoghi ma anche per la bontà dei suoi cibi.
In questa terra magica amata in tutto il mondo, ci sono infatti numerose ricette tipiche della tradizione che la trasformano nel luogo ideale in cui, oltre a godere dei panorami mozzafiato, puoi deliziare il palato degustando cibi introvabili altrove.
Scopriamone insieme alcuni, con l’invito ad assaggiarli, quando prima o poi deciderai di visitare la penisola salentina, terra dei due mari.
Cibi salentini assolutamente da provare
Evitando di citare quelle bontà culinarie ormai famose e conosciute ovunque, come le friselle, le pucce, le pitte di patate, i pizzi e i purceddruzzi, ecco quali sono pietanze che devi assaggiare almeno una volta se ti trovi nel Salento.
Pittule
Piatto tipico della gastronomia salentina, la cui ricetta da sempre è tramandata da madre in figlia, di generazione in generazione, sono una prelibatezza che viene preparata in particolar mondo nel periodo autunnale e invernale.
Si tratta di frittelle fatte con pasta lievitata, fritte in olio extravergine di oliva locale, al cui interno, come condimento, vengono usati diversi ingredienti (precedentemente lessati) a seconda dei gusti.
Quelle dai sapori più tradizionali contengono i lampascioni, le cicorie, il cavolfiore, oppure i capperi, le olive e il pomodoro.
Ci sono anche altre varianti a base di pesce, condite con gamberetti, calamari oppure col baccalà.
Un piatto povero ma gustoso e nutriente che già al primo boccone conferisce al palato un’esplosione di vera bontà.
Rustico leccese
Probabilmente uno dei primi cibi da passeggio della storia, il rustico fa parte della tradizione gastronomica del Salento leccese ed è possibile trovarlo in moltissimi panifici, bar e rosticcerie.
A differenza della maggior parte delle pietanze riportate in questo articolo, il rustico non nasce nella cucina contadina.
Questo perchè la sua preparazione originaria, risalente alla seconda metà del 1700 e di stampo aristocratico, conteneva (e contiene ancora) ingredienti all’epoca difficilmente reperibili come la besciamella e la pasta sfoglia.
Viene preparato utilizzando due dischi di pasta sfoglia uniti tra loro, non prima di averli conditi con un ripieno a base di di mozzarella, besciamella, pomodoro, pepe e noce moscata.
Il rustico poi viene spennellato con uovo e cotto in forno.
Per apprezzarne al meglio l’eccellente coacervo di sapori va servito e consumato molto caldo, per un ottimo spuntino di metà mattina o come stuzzichino da passeggio.
Fae e cicore reste
Cicorie selvatiche con purea di fave e crostini di pane di grano fritto, condite con olio evo.
Già solo un rito saper riconoscere e cogliere le tante verdure selvatiche di cui è ricco il Salento.
Malesocra, la vitràna, zanguni, maroie, calìe, sanapuddhi, paparina, cicora salina, foje piluse, foje lucie e foje ‘nduranti, spruscìni, sanapuddhi, grattaluru, culacchi de porcu, carapùzzula, ecc.
Sono così numerose che riconoscerle davvero tutte è ormai un privilegio di pochi.
Anticamente i contadini, armati di un’indiscussa conoscenza botanica tramandata di generazione in generazione, di busta di plastica e coltello a seghetto, popolavano nel primo pomeriggio le campagne per raccoglierle nei periodi più propizi, ovvero tra le piogge di novembre fino ai mesi di marzo o aprile
Le fave con cicorie selvatiche sono l’ennesimo piatto gustoso, semplice e sano che racchiude in una sola pietanza tutta la bontà dei sapori salentini legati alla terra, alle verdure e alla sapienza culinaria locale.
Ciceri e tria
La storia di questo piatto è di origini antichissime e risale ancor prima della nascita di cristo.
Il poeta latino Orazio ne decantava la bontà nelle sue Satire scritte tra il 35 ed il 30 a.C.
Oggi è una pietanza preparata regolarmente in tutte le case, sopratutto il giorno di San Giuseppe.
Però può anche essere apprezzata tutto l’anno nelle numerose trattorie e nei tanti ristoranti locali dove si possono gustare i piatti tipici della tradizione salentina.
Scapèce
Pesce fritto marinato in strati di pangrattato, aceto, aglio, menta, zafferano.
Oggi come un tempo, viene venduto per strada, sulle bancarelle delle feste e delle tante fiere di paese.
La scapece sembra fosse molto gradita a Federico II di Svevia, il quale faceva imbandire le sue tavole di colore giallo proprio perché amava il colore dello zafferano, le cui proprietà organolettiche esaltano il sapore della pietanza che tutt’oggi viene conservata in grossi tini di rovere.
Purpu alla pignata
Un’altra celebre pietanza locale è senza alcun dubbio il cosiddetto Purpu alla Pignata (polpo cotto nella pignata, recipiente di terracotta che conferisce ai cibi cotti al fuoco un’ottima cottura lenta e saporita), un piatto originale e che affonda le sue radici nella tradizione popolare salentina.
Il polpo viene condito aggiungendo vari odori per esaltarne il sapore, attenendosi all’antica regola di non aggiungere né acqua nè di sale, poiché dovrà cuocersi esclusivamente con il liquido che emetterà il mollusco dagli otto tentacoli.
Una ricetta antichissima che prevede l’aggiunta di olio extravergine, pomodoro, aglio, cipolla e sedano, ma anche carote, senza dimenticare l’abbinamento gustoso con le patate.
Turcinieddhi
Detti anche turcinieddi o mbrijatieddi oppure gnummarieddhi, altro non sono che involtini ricavati dalle frattaglie (fegato, rognone, polmone) e avvolti col budello di agnello o capretto, aromatizzate con prezzemolo, pepe e finocchietto selvatico.
Anticamente preparati nel periodo pasquale, col tempo sono diventato un piatto tipico della tradizione del Salento, grazie al loro sapore davvero speciale.
Cotto su braci ardenti, è senza alcun dubbio uno dei piatti salentini più amati anche dai turisti.
Le interiora sono tagliate in piccoli pezzi e mescolate con gli altri ingredienti.
Le origini di questo piatto a base di carne, risalgono ai tempi dei latifondisti, quando le parti pregiate degli animali macellati erano appannaggio dei ricchi mezzadri, mentre ai contadini e al popolo meno abbiente non restavano che gli scarti e le interiora.
Pasticciotto
Descrivibile semplicemente come un’esplosione di crema pasticcera contenuta in un involucro di pasta frolla farcita e cotta in forno.
Impossibile decantarne a parole la prelibatezza.
Ci sono diverse scuole di pensiero riguardo la nascita del pasticciotto.
Secondo una delle ipotesi si ritiene che il pasticciotto, rinomato dolce del salento leccese, sia nato da un esperimento di un pasticcere di Galatina nel 1745, Nicola Ascalone, il cui laboratorio è ancora oggi è il vanto dell’omonima pasticceria del paese in provincia di Lecce.
Un’altra teoria ne riconduce le origini al maestro pasticcere Luigi Sabella, sempre di Galatina, che lo compose per la prima volta agli inizi del 1900.
Probabilmente la realtà è che, la vera nascita del pasticciotto, risale almeno al XVI secolo a Roma, come testimoniato dal ricettario scritto nel 1570 da Bartolomeo Scappi, che faceva parte della confraternita dei cuochi e dei pasticceri di Roma.
Ricetta che poi, in un modo o nell’altro, è giunta nel Salento per diventare uno dei dolci più succulenti del luogo.
La tradizionalità del prodotto è assicurata sopratutto dal procedimento di preparazione che avviene secondo tradizioni familiari che ne conservano tutte le caratteristiche qualitative.
È tipica abitudine dei salentini consumare questo dolce appena sfornato e ancora caldo durante le prime ore della giornata per la prima colazione.
Dopo aver elencato alcune tra le innumerevoli bontà culinarie che puoi assaggiare se ti trovi nel Salento, non possiamo far altro che invitarti a visitarlo augurandoti una buona degustazione.