Durante quel ventennio ruggente del ‘900 italiano, lo yacht lo chiamavano pànfilo, l’hotel lo chiamavano albergo,il bar lo chiamavano caffè … il DUCE aveva proibito l’uso delle parole inglesi in Italia.
Nel 1938 il Caffè Iacovazzi, il Caffè Susca, il Caffè Losacco erano i migliori di Turi. Però per Leonardo Capone (pr’c’nélle) il Caffè Susca era il migliore dei migliori.
Quella prima domenica di febbraio c’era un tiepido sole, e un lieve scirocco si era sostituito alla gelida tramontana dei giorni precedenti. Erano le dieci. Leonardo stava parlando con Modesto Dell’Aera (uardabòsk) sul marciapiede antistante il Caffè Susca. Avevano già bevuto il solito bicchierino domenicale di quell’acquavite e succo di agrumi che Gabriele D’Annunzio chiamava AURUM di Pescara.
– … L’albero sta vicino a quel casello ferroviario, delle Ferrovie Sud-Est, che dista novecento metri da Sammichele di Bari. – precisò Leonardo.
– Ma chi ha innestato quell’albero di ciliegie? – chiese Modesto.
– Non è stato innestato perché è nato direttamente dal nòcciolo di una ciliegia. Qualche viaggiatore, alcuni anni fa, mangiò le ciliegie nel treno, e buttò i nòccioli dal finestrino. Uno di quei nòccioli germogliò. Io sono sicuro che quel viaggiatore era un Turese! … Sì! … Era salito dalla stazione di Turi! … Questo non me lo toglie nessuno dalla testa! – sentenziò Leonardo. E poi aggiunse: – Ora ti devo lasciare, andrò a cercare quell’albero. Per fare meno strada devo andare dalla via vecchia per Sammichele. Il passaggio a livello e il casello si trovano su quella strada. – Inforcò subito la bicicletta, che era poggiata al marciapiede, e incominciò a pedalare.
– Ricordati di portare qualche ramo anche per me! – gli gridò Modesto.
Dopo una ventina di minuti, Leonardo, giunse al casello ferroviario, scese dalla bicicletta e andò a bussare alla porta d’ingresso. Il casellante, Rocco Giorgio( cognome Giorgio), aprì la porta con la mano sinistra, mentre con il braccio destro stringeva al petto il piccolo Giuseppe che non aveva compiuto un anno: era nato, in quel casello, nel mese di luglio del 1937.
– Roccoo! –
– Leonardoo! … Fammi lasciare il piccolo Giuseppe a mia moglie … voglio abbracciarti! – Lo fece subito. – Vorrei sapere che cosa ti ha spinto a cercarmi. Non ti vedo dalla mattina del 26 agosto 1935, ricordi? A Turi festeggiavate Santo Oronzo! … Mi offristi anche una cassata nel Caffè Susca! … Ho saputo che sei andato volontario in Etiopia, ti hanno pagato bene e hai acquistato un ettaro di terra … adesso fai la guardia campestre, hai anche cambiato mestiere! Non fai più il potatore. –
– Tutto vero, Rocco!… Ti hanno informato bene. Nel terreno che ho acquistato voglio avere molte varietà di alberi da frutto. Sono venuto a trovarti prima di tutto per salutarti … per vederti, e poi perché ho saputo che qui vicino c’è un ciliegio che porta dei frutti straordinari … mi
servono alcuni rami per innestarli su qualche alberello selvatico. –
– Vedi, l’albero si trova dall’altra parte dei binari – e lo indicò con la
mano. – Per avvicinarci andremo dal carraio che porta alla masseria SCIUSCIO. La settimana prossima, lo spianteranno perché i macchinisti dicono che dà fastidio ai treni. Mi dispiace tanto! … Lo vidi spuntare fra l’erba e le pietre anni fa. D’estate gli davo l’acqua per farlo crescere in fretta. Ero curioso di vedere i suoi frutti! … Le ciliegie che porta quest’albero sono veramente eccezionali. Io non le ho mai viste altrove. I Sammichelini sono già venuti a fare i rami ( le marze ) per innesti … sicuramente avranno portato via i migliori: quelli di un anno. Tu devi accontentarti degli scarti. –
– Rocco, devo necessariamente scegliere fra i rami che hanno lasciato i Sammichelini. –
– Va bene … se poi gli innesti non attecchiranno, l’anno prossimo, potrai trovare qualche alberello, già innestato, presso il vivaio di Lorenzo Mallardi (sciasciòne). – consigliò Rocco.
– Non lo conosco. Io conosco i Lagravinese. – rispose Leonardo mentre cominciava a tagliare i rami.
– I Lagravinese sono i primi vivaisti di Sammichele, ma vendono solo alberelli di mandorlo e di ulivo. Non hanno alberelli innestati. Lorenzo Mallardi, ha mandorli, ulivi … ha anche molti esemplari di piccoli alberi da frutto già innestati … vende anche piantine di ortaggi e di fiori. –
– Rocco, questi rametti sono sufficienti … ho fatto anche qualcuno per il mio amico Modesto; non credo che tutti e due sbaglieremo gli innesti. A proposito, vuoi dirmi com’è la ciliegia di quest’albero? –
– Il peduncolo è lungo … la ciliegia é grossa e termina a punta … é durissima … il sapore è unico, il migliore in assoluto. A Sammichele la chiamano LA FERROVI’ ( la ferrovia ) perché l’albero è nato spontaneamente, come vedi, a pochi metri dai binari. –
– A te ci credo, Rocco. Adesso sono veramente sicuro di ciò che andrò ad innestare. Ti chiedo scusa, ma devo salutarti … a casa mi aspettano alle ore tredici precise … mia moglie … –
L’urlo improvviso di decine di persone lo bloccò:
– Eia eia alalà! Eia eia alalà! –
– Rocco, il grido di guerra greco-romano!… Il grido di guerra dei fascisti!–
– Sono gli avanguardisti. Vengono ad allenarsi la domenica. Qui vicino c’è un percorso di guerra, non te ne sei accorto? Guarda lì! … Adesso canteranno una canzone, e se ne andranno a pranzare. – spiegò Rocco.
– Eia eia alalà! Eia eia alalà! Eia eia alalà! –
– Leonardo, stanno per iniziare a cantare … aspetta, non andartene … –
– Duce! Duce! Duce! Duce! –
– Leonardo, ci siamo! –
Duce! Duce! Chi non saprà morir?
Il giuramento chi mai rinnegherà?
Snuda la spada quando tu lo vuoi,
gagliardetti al vento, tutti verremo a te!
Va! la vita va!
Con sé ci porta e ci promette l’avvenir.
Una maschia gioventù
con romana volontà
combatterà.
Verrà, quel dì verrà
che la gran Madre degli eroi ci chiamerà
per il Duce, o Patria, per il Re!
A noi! Ti darem
Gloria e Impero in oltremar! …
– Sanno cantare quei giovani avanguardisti! –
– Carissimo Leonardo, io non me ne intendo, e non voglio sentire parlare di guerre, di conquiste … spero che non ci siano altre guerre … –
– Ciao, Rocco! Fatti vedere a Turi … un abbraccio! –
– Ciao, Leonardo! Mi raccomando, non sbagliare gli innesti! –
Le speranze delle pacifiche popolazioni del Sud furono deluse. I guerrafondai del Nord trascinarono l’Italia nella seconda guerra mondiale. I figli del Sud furono costretti a combattere in prima linea, mentre moltissimi nordisti erano imboscati nelle retrovie, negli uffici, nelle fabbriche. La guerra si rivelò subito un disastro: “ci arrendemmo incondizionatamente!”
L’Istituto Ricostruzione Industriale ( I.R.I. ) avviò subito la ricostruzione del tessuto industriale italiano. Indovinate da dove iniziò?… Dal Nord! … In questa nazione non ricordiamo una grande opera PUBBLICA che sia iniziata da Palermo o da Reggio Calabria!
Il Sud, nel dopoguerra, fu abbandonato a sé stesso, fu ignorato come si ignorano i parenti poveri, e tutti coloro che lo dovevano rappresentare non furono all’altezza della situazione perché sapevano soltanto parlare, parlare, parlare … mentre i nordisti ottenevano dallo Stato tutto quello che volevano.
A Sammichele , in quegli anni, ci fu un inaspettato risveglio … e non fu, certamente, opera dello Stato, dei nordisti, o dei politici meridionali.
Il dottor Domenico Pugliese ( don mim ), uomo semplice e di poche parole, si rivelò grande pioniere: con le sue piccole iniziative private indicò, ai compaesani che si accontentavano di pane e acqua pur di restare in Puglia, alcuni progetti da attuare per poter migliorare le proprie condizioni di vita.
Nel 1948 fece impiantare, nei terreni che possedeva nella contrada Canale, i primi “ tendoni “ di uva Regina ( la mennavàk ). La realizzazione degli impianti la affidò al mezzadro Pierino Iacovazzi (u fascìs… ) di Turi.
Nel 1951 avviò il primo pollaio industriale del Sud.
Sempre nel 1951 destinò nove ettari, in contrada Marcellino, alla coltivazione del ciliegio. La realizzazione dell’impianto la affidò al mezzadro Nicola Mallardi ( fazzaddì ) di Sammichele. I portainnesti ( i ianére ) furono acquistati da Lorenzo Mallardi, e furono innestati tutti a ciliegia FERROVIA, tranne qualche varietà impollinatrice: la Testa di Serpe ( la képe d’sérpe ) e la Paglia Arsa ( la pagghia iars ).
Nel 1951, in tutta l’Italia, non c’era un ciliegeto grande 90.000 metri quadrati! I risultati vantaggiosi che Domenico Pugliese ottenne dalle sue prime iniziative convinsero gli agricoltori e i braccianti di Sammichele a intraprendere quell’impresa da titàni che portò, in un decennio, alla trasformazione del territorio, dell’ambiente, del panorama, dell’orizzonte … Tutto fu possibile grazie a quelle “formiche” di Puglia che non ebbero paura della fame, che non migrarono … che restarono, che non si mossero, che resistettero, che insistettero … E’facile andare e tornare: andare quando la Nazione è in difficoltà, e tornare quando tutto è cambiato … pretendendo i frutti del cambiamento, senza esprimere gratitudine a coloro che fermandosi hanno sopportato umiliazioni, abusi e soprusi … senza esprimere gratitudine a tutti quelli che hanno fatto la spietratura, che hanno costruito muretti e specchie, che hanno dissodato, piantato, coltivato … che hanno pregato per un buon raccolto! … In ogni paese della Puglia bisogna erigere monumenti dedicati a tutti i lavoratori IGNOTI che, con l’aiuto di Dio, hanno trasformato questa terra lasciando tracce indelebili.
Si ringrazia l’autore che ha permesso la pubblicazione del suo lavoro di ricerca.
Il poeta Stefano Mallardi è laureato in Scienze Politiche ed è nato il 26 giugno 1942 a Sammichele di Bari, paese profumato del Sud, abbracciato dai mandorli, dai ciliegi e dai miti ulivi. La sua poesia è come quella brezza primaverile che sorge improvvisa nell’anima, la riempie di emozioni e la fa palpitare come ulivo al vento.