Casalvecchio di Puglia

Casalvecchio di Puglia

Casalvecchio di Puglia (Kazallveqi in arbëreshë ) è un piccolo centro del Subappennino Dauno Settentrionale, con circa 1700 abitanti, incastonato tra i vicini centri di Casalnuovo Monterotaro e Castelnuovo della Daunia e sorge a quasi 500 metri sul livello del mare in un agro fertile coltivato a cereali, ulivi e viti e a 50 km da Foggia.

I suoi abitanti sono arbëreshë, e pur avendo perso il rito bizantino mantengono alquanto vivacemente la lingua arbëreshë e le tradizioni dei padri greco-albanesi.

Della storia di Casalvecchio si hanno notizie solo fino al XIII secolo; dei due secoli successivi si è persa ogni memoria. Dopo essere stato raso al suolo nel 1461 dall’eroe nazionale albanese Giorgio Castriota Skandeberg, il paese fu nuovamente fondato da un nucleo di profughi albanesi, gli Schiavoni, fuggiti dalla patria dopo l’invasione turca. Non a caso Casalvecchio costituisce una delle cosiddette “isole linguistiche” dove gli abitanti anziani parlano ancora un dialetto di origine straniera, l’albanese appunto.

A testimonianza del suo movimentato passato sopravvive la chiesa dei SS. Pietro e Paolo, eretta nel XVI secolo e consacrata nel 1717 dal Cardinale Orsini; all’interno è custodito un dipinto ad olio raffigurante la Madonna del Carmelo, eseguito dall’artista Michelangelo Sammarco. Interessanti da un punto di vista artistico e architettonico sono alcuni edifici di epoca medievale come “La torre dei briganti”, situata nei pressi del cimitero, e il “Casone della Sgurgola”, un torrione a pianta quadrata che sorge sulla strada provinciale che unisce Casalnuovo a Torremaggiore.

Il borgo è stato fondato da alcuni profughi greco-albanesi, che per sfuggire all’invasione dei Balcani da parte dei turchi si riversarono in massa nel territorio dauno; questi inizialmente si insediarono a circa tre chilometri da Casalvecchio, nel comune oggi noto come Castelnuovo della Daunia e qui vi fecero dimora tra il 1468 e il 1476 circa, ma la coabitazione non fu facile sin dall’inizio, considerata anche l’indole spesso tenace e ribelle del popolo albanese, infatti le differenze, i continui episodi di insofferenza, la difficile coesistenza di questi profughi con la comunità di Castelnuovo si protrasse sin oltre i primi decenni del Cinquecento, quando i greco-albanesi abbandonarono le loro prime abitazione per popolare il vicino casale che da esso dipendeva, come riportato dagli antichi documenti e denominato fino ad allora come Sanctus Petrus de Castelluccio, ma diventato poi Casalvecchio di Puglia.

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