Anisakis-pesce-crudo
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Anisakis: ecco come difendersi

L’anisakis è anche conosciuto come “verme de lle aringhe”, si tratta di un parassita che si annida nelle pareti dello stomaco dei pesci e quindi viene trasmesso all’uomo ingerendo pesce crudo. Può avere una lunghezza di circa 3 centimetri e nei pesci è visibile ad occhio nudo. Perchè viene l’anisakis I sintomi del verme delle aringhe Cosa fare per eliminare questi vermi Una volta ingerito, se non espulso, si annida nelle pareti dello stomaco o intestino creando un’infezione. In passato era diffuso soprattutto nei Paesi come il Giappone in cui il Sushi è un piatto tipico, con la globalizzazione, anche a tavola, il rischio si è esteso e l’ anisakido si si è diffusa anche in Europa. Il pericolo però non si esaurisce con il sushi, perché anche in Puglia la tradizione culinaria prevede molti piatti di pesce crudo, come i crostacei e molti turisti sono spaventati dal rischio di contagio, nonostante i casi di infezione siano ridotti. Altri gruppi turistici invece, arrivano nel Salento proprio per assaggiare le specialità pugliesi a base di pesce “al naturale”, come nel caso dei ricci di mare di Porto Badisco o il carpaccio di tonno, cernia o branzino, risotto con ostriche, molto diffusi in tutti i menù dei ristoranti di Puglia. Queste specialità possono essere gustate anche in pescheria, direttamente in porto all’arrivo del pesce dopo la pesca, come al porto di Trani, oppure in ristoranti specializzati in questo tipo di cucina. Come dimenticare inoltre il polpo crudo a cui addirittura in passato è stata dedicata la pubblicità di un noto profumo? In questo caso il polpo viene, come da tradizione, sbattuto sugli scogli e i tentacoli vengono fatti arricciare dai pescatori in cesti di vimini bagnando i polpi con acqua di mare, in modo tale da ammorbidire le carni. Visto questo scenario e la pericolosità dei vermi intestinali , che cosa si dovrebbe fare..rinunciare alle tradizioni culinarie pugliesi? Se fosse così il ministero della Salute avrebbe già provveduto a vietare la vendita di piatti con pesce crudo, invece, per fortuna, si è limitato a dare indicazioni di cui parleremo più dettagliatamente in seguito. Infatti, per scongiurare il rischio di infezioni con il verme delle aringhe basterà seguire dei semplici accorgimenti a tavola.

Il ciclo di vita dell’anisakis

Le uova dell’anisakis vengono rilasciate in mare attraverso le feci di alcuni animali infetti, come le balene, i delfini e i leoni marini. Le uova, una volta diffuse in mare, si schiudono diventando larve, di cui sono ghiotti molti pesci tra cui i calamari, che a loro volta sono prede di altri pesci che comunemente consumiamo a tavola. Proprio per questo i parassiti possono essere rinvenuti in molte tipologie di pesce, non solo ricci di mare, calamari, ostriche, ma anche rana pescatrice, salmone (con cui si prepara il sushi), merluzzo, aringhe. Nell’essere umano il verme una volta ingerito può annidarsi nell’apparato gastrointestinale e portare forti dolori addominali, oppure può penetrare all’interno della mucosa gastro-intestinale formando delle lesioni croniche all’interno delle quali l’anisakis calcifica. Nei casi più gravi l’infezione si manifesta in forma ectopica, in questo caso il parassita perfora le pareti intestinali e va a colpire altri organi collocati nella cavità addominale. Per diagnosticare l’infezione è necessario eseguire un’ endoscopia per osservare le pareti di esofago, stomaco e intestino tenue. L’esame può rilevare la presenza del verme e in alcuni casi anche tirarlo via, oppure può rilevare delle lesioni granulomatose.

I sintomi dell’infezione da anasakis

Come accorgersi di essere stati contagiati da questi vermetti bianchi? In primo luogo se si mangia pesce ben cotto non vi è alcun rischio, infatti, il verme delle aringhe non sopravvive alle temperature elevate, tipiche di un prodotto ittico ben cucinato. Va sottolineato come solitamente l’anisakis, una volta ingerito dall’uomo, viene eliminato attraverso le feci. Non sono rari i casi in cui il soggetto che ha contratto l’infezione possa manifestare un prurito alla gola, causato proprio dal verme che si muove in quell’area. Quando questo accade, anche se si tratta di un’azione alquanto schifosa, si potrebbe persino pensare di estrarre il verme, ad esempio tossendo, o di rigurgitarlo tramite vomito. Se, al contrario, il parassita non viene eliminato iniziarà la sintomatologia dell’anisakidosi. Questo disturbo comporterà principalmente:

  • diarrea,
  • dolore addominale,
  • nausea,
  • vomito.

Inoltre è possibile che si presenti sangue e muco nelle feci, febbre, anche se di lieve entità. Non occorre attendere troppo tempo per capire che è successo qualcosa nel nostro stomaco. Questi sintomi possono presentarsi già poche ore dopo aver ingerito il pesce crudo o poco cotto, ma non sono rari i casi in cui passino due settimane tra l’ingestione e il manifestarsi dei primi sintomi. Pur non essendo necessario creare allarmismi in quanto il rischio di contrarre infezioni a causa dell’anisakis è raro, deve essere detto che in alcuni casi per alleviare il dolore può essere necessario eseguire un intervento chirurgico per la rimozione fisica del verme dalle pareti del colon. Dopo aver eliminato i vermi intestinali possono manifestarsi ancora i tipici sintomi che caratterizzano il malessere. Questo può essere dovuto alla possibilità che durante l’operazione il verme si rompa in più pezzi e qualcuno resti ancora all’interno, almeno fino a quando ogni rimasuglio non venga naturalmente espulsi.

Come evitare il rischio di contrarre anisakidosi

In realtà il rischio di contrarre un’infezione attraverso il “verme delle aringhe” quando si mangia in una struttura di ristorazione della Puglia è piuttosto basso, questo perché viene utilizzato pesce fresco e vi sono controlli molto scrupolosi sulla sua conservazione. Il verme, infatti, si trova nell’intestino del pesce e può passare alle carni solo dopo la morte del pesce stesso. Il consumatore a sua volta non consuma le interiora, quindi il pesce freschissimo, eviscerato subito dopo la pesca, non crea particolari problemi. Inoltre l’eccellente qualità del pesce Mediterraneo servito nei locali specializzati in questa specialità, rappresenta la migliore delle garanzie. Molto più elevato è il rischio connesso al consumo di sushi, soprattutto nel caso di consumo di salmone crudo. Il il più alto tasso di contagio è riconducibile al fatto che nella preparazione dei ristoranti tipici giapponesi, si predilige spesso una materia prima di scarsa qualità, considerando il fatto che i controlli risultano ridotti, visto che si tratta di pesce importato.

Per eliminare in assoluto il rischio di contrarre l’infezione è buona pratica consumare pesce cotto, oppure se proprio non si vuole rinunciare alla prelibatezza del pesce crudo, dovrà essere sottoposto ad abbattitura e non a semplice conservazione in cella frigorifera. Sul fatto che cuocere il pesce ci allontana da molti pericoli possiamo mettere la mano sul fuoco. Una circolare del ministero della Salute rende noto che l’anisakis e le larve di questo parassita muoiono se sottoposti a 60° di temperatura. In questo modo, anche attraverso una cottura leggera, che deve però raggiungere l’interno delle carni e non essere soltanto superficiale, ci aiuterà a dormire sonni tranquilli e un intestino in perfetta salute.

Un’altra tecnica per eliminare il rischio contagio è il congelamento, anche se dovrà essere fatto seguendo delle procedure particolari. La circolare, diffusa dal ministero della salute pubblica, specifica che se i pesci dovranno essere mantenuti a temperatura di -15°C per 96 ore, -20°C per 60 ore, – 30°C per 12 ore o, infine a -40°C per 9 ore. Solo seguendo queste determinate tempistiche possiamo essere sicuri che il parassita muoia. Altra piccola precisazione riguarda la modalità con cui alcuni utenti pensano di uccidere il verme Anisakis, ovvero utilizzando il limone o l’aceto, spruzzato direttamente su ostriche e ricci. Nella stessa circolare si sottolinea l’inesattezza di questa modalità, se finalizzata ad eliminare questi temibili vermi. Di conseguenza, sono esposte al rischio “verme delle aringhe” anche tutte quelle persone che consumano le alici marinate, tipiche soprattutto della

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